Chissà perché, leggendo una nota inviata da Aspo Italia a vari amministratori pubblici italiani sul picco del petrolio (http://ioelatransizione.wordpress.com/) ci è tornata alla mente l'opera di Karl Kraus "Gli ultimi giorni dell'umanità". Siamo quindi andato a ricercare notizie su Google e in un commento all'opera abbiamo trovato quella splendida e terrificante sintesi, riprodotta nel titolo di questo post. Kraus descrive in maniera spietata i comportamenti, la psicologia dei suoi concittadini viennesi di fronte al pericolo - prima - e agli effetti - poi - della prima guerra mondiale: da un lato il calcolo interessato dei promotori/profittatori della guerra; dall’altro il gigantesco rifiuto della massa nel prendere atto della realtà e a reagire di conseguenza. E i due convolano a nozze. Questo meccanismo infernale si sta ripetendo anche di fronte ai pericoli che corre oggi l'umanità. Il picco del petrolio è solo uno di questi pericoli. I cambiamenti climatici e la riduzione della biodiversità sono un secondo sintomo. La crisi finanziaria ed economica un terzo. I pericoli di guerre per l'accaparramento delle risorse scarse, per l'egemonia economico/commerciale, un quarto. Le manipolazioni genetiche un quinto. L'energia nucleare un sesto. E avanti elencando. Di fronte a questo insieme sistemico di rischi globali che cosa facciamo? I Potenti, quelli più illuminati, propongono l'economia verde, lo sviluppo sostenibile, lo stato stazionario, lacrime e sangue per i più deboli per rientrare dai debiti del sistema pubblico. I deboli, cioè la maggior parte di noi, o rimuove o, al massimo si dedica alle piccole buone pratiche: l'orto, il Gas, la bicicletta, lo stile di vita sano ed ecocompatibile, ecc. Nei vari giornali progressisti, a pagina tre si parla di picco del petrolio mentre a pagina quattro si accusa la destra di non saper far ripartire lo sviluppo, l'occupazione, la competitività delle nostre imprese (tutte cose che presupporrebbero un aumento nei consumi di petrolio). Schizofrenia? Schizofrenia allo stato puro. Su un piano, per così dire, più prosaico, anche l’analisi dei comportamenti dei vari governi europei di fronte alla crisi economica (basti pensare all’ultima “manovra” del governo Berlusconi, conferma lo stato patologico in cui versiamo: una settimana si parla di rilanciare i consumi, la crescita etc., e quella dopo si scopre che non ci sono i soldi per la carta igienica nelle scuole. I problemi veri vengono continuamente rimossi, ciascuno di noi vive (e patisce) contraddizioni quotidiane che bellamente ignoriamo.
Come uscirne? Le risposte ci sono: decrescita (che fare); reti solidali per una società solidale ed ecocompatibile, dal livello locale fino alla dimensione mondo (come fare); partecipazione aperta a tutti (con chi fare). Ma ciò che può mettere insieme il che fare con il come e con il chi ha un solo nome: politica, nel senso di progetto politico condiviso. E qui ancora non ci siamo. Siamo "liquidi", atomizzati, autoreferenziali, concorrenziali. Ci chiudiamo nel “piccolo e bello”, rifiutiamo la politica perché è sporca (e quindi inquina) o, all’opposto cadiamo nel pessimismo più nero, nell’apatia da depressione. Oppure, ci alieniamo rincorrendo mille iniziative, partecipando a mille convegni, fiere, feste, ecc. senza alcuna priorità se non quella di corrispondere al piacere immediato, senza un progetto condiviso di futuro.
Credo che la causa profonda, rimossa, sia una: la paura di perdere qualcosa. Questo qualcosa è fatto da tanti elementi, materiali, psicologici, sociali. La nostra casa, i nostri oggetti, il nostro lavoro, la nostra pensione, i nostri risparmi, i nostri servizi pubblici, ecc. La paura di cambiare, di pensare, di guardare la realtà. La paura di vedere sconvolte le nostre reti di relazione primaria, secondaria, ecc.
E’ questo insieme di paure che determina in noi la schizofrenia. E’ come se avessimo due tipi di razionalità: una oggettiva e una soggettiva. La ragione oggettiva ci porta a riconoscere i rischi globali, ad applaudire le analisi di Latouche, di Gesualdi, Vandana Shiva, ecc. Quella soggettiva, o egoica, ci suggerisce, nella migliore delle ipotesi, soluzioni tampone, che non mettano in discussione la nostra piccola nicchia ecologico-sociale. E allora ci inventiamo lo sviluppo sostenibile, le buone pratiche da tempo libero, le soluzioni dal basso che prima di arrivare in alto saremo tutti defunti.
Allora, ancora una volta, che fare? Poiché si tratta di promuovere una rivoluzione, occorre che qualcuno inizi e dimostri che è possibile, anzi gratificante, cambiare. Quindi l’innesco deve partire da una minoranza “votata alla causa”. Quali caratteristiche deve avere questa minoranza. Qui le strade che vedo sono due: la prima già sperimentata nella storia, la seconda tutta da definire. La prima è quella dei sacerdoti, dei professionisti, dei condottieri della rivoluzione. E’ una soluzione che ha creato più danni del male che voleva curare. La seconda, quella che tentiamo di proporre, presuppone l’abbandono, a livello individuale, della personalità e del comportamento egoico. E’ un’operazione che gli esperti chiamano “giochi cooperativi”. L’idea base, che ricaviamo da un recente saggio di Luigino Bruni, dice così: “ Serve costruire una concezione della razionalità dove, nel decidere quale azione intraprendere, una persona possa pensare non tanto “questa azione ha buone conseguenze per me”, quanto piuttosto “questa azione è la mia parte di una nostra azione che ha buone conseguenze per noi”. Apportiamo a questa già notevole affermazione un piccola correzione, sostituendo il noi finale con il termine tutti, intendendo per “tutti” l’intera umanità, l’ambiente e le generazioni future. Ma per fare questo occorre, accanto alla scelta individuale reciprocamente riconosciuta, condividere un progetto che dia il senso di marcia e delle istituzioni che lo sostengano e ne capitalizzino i risultati.
Le esperienze maturate in questi due anni di vita della RESFVG ci hanno portato a questo tipo di riflessioni. Chiediamo a questo punto il vostro parere, per andare avanti.
Queste riflessioni sono state scritte da Bepi e da Ferruccio, ma “appartengono” a tante e tanti amici con cui in questi anni ci siamo confrontati. Vorremmo quindi mantenere aperto il dialogo, per decidere il da farsi.
12 luglio 2010
Le Sacre nozze fra la Stupidità e la Potenza. Riflessioni attorno al che fare della RESFVG
Pubblicato da
ferruccio
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