13 settembre 2010

Dichiarazione sulla decrescita - Barcelona 2010


Premessa

Riportiamo il testo della Dichiarazione sulla decrescita, che sintetizza le principali linee di analisi e proposte emerse dal dibattito sviluppato nei 29 gruppi di lavoro e nelle sessioni plenarie della seconda Conferenza sulla decrescita svoltasi a Barcellona nello scorso mese di marzo. Alla Conferenza ha partecipato un buon numero di amiche e amici del Friuli Venezia Giulia, attivi nell'Associazione per la decrescita e nella RESFVG. L'Associazione ha deciso di avanzare la propria candidatura per l'organizzazione della prossima Conferenza internazionale, indicando Venezia come sede della manifestazione. Se Research & Degrowth (l'Associazione internazionale "titolare" dell'iniziativa) accoglierà la nostra candidatura, i soggetti che in Friuli venezia Giulia si interessano di decrescita e di economia solidale saranno parte importante e attiva nella creazione della rete organizativa e nella preparazione dei materiali della Conferenza. Invitiamo i lettori di questo post a fare i loro commenti sulla dichiarazione e sull'ipotesi di candidatura.



Testo della dichiarazione

Nel mezzo di una crisi internazionale piu’ di 400 ricercatori, praticanti e membri della società civile di 40 nazioni si sono incontrati a Barcellona nel Marzo 2010 per la seconda conferenza internazionale sulla Decrescita. La dichiarazione della prima conferenza internazionale in Parigi del 2008 aveva notato l’incombente crisi multidimensionale, che era non soltanto finanziaria ma anche economica, sociale, culturale, energetica, politica ed ecologica. La crisi e’ il risultato del fallimento di un modello economico basato sulla crescita.
Una elite internazionale e una “classe media globale” stanno causando la distruzione dell’ambiente attraverso il loro cospicuo consumo e l’appropriazione eccessiva di risorse umane e naturali. I loro modelli di consumo portano a ulteriori danni ambientali e sociali quando sono imitati dal resto della societa’ in un circolo vizioso di emulazione attraverso l’accumulazione di possedimenti materiali. 
Mentre I responsabili di istituzioni finanziarie, società multinazionali e governi sono giustamente considerati I primi responsabili di fronte alla pubblica opinione, questa crisi ha cause strutturali più profonde. Le cosiddette misure anticrisi che cercano di aumentare la crescita economica avranno l’effetto, nel lungo termine, di peggiorare le disuguaglianze e le condizioni ambientali. L’illusione di una crescita aumentata dal debito, per esempio forzando l’economia a crescere allo scopo di rimborsare I debiti, finirà in un disastro sociale, trasferendo debiti economici ed ecologici alle future generazioni e ai poveri.
Un processo di decrescita dell’economia mondiale e’ inevitabile e alla fine porterà beneficio all’ambiente, ma la sfida e’ come gestire il processo in modo che sia equo socialmente a livello nazionale e globale. Questa e’ la sfida del movimento della decrescita che ha origine nella nazioni ricche in Europa ed altrove, dove il cambiamento deve iniziare.
Accademici, attivisti e praticanti si sono incontrati in Barcellona per strutturare proposte verso una società alternativa in decrescita, ecologicamente sostenibile e socialmente equa. La conferenza e’ stata condotta in modo inclusivo e partecipato. In aggiunta a presentazioni scientifiche standard, ben 29 gruppi di lavoro hanno discusso politiche pratiche per la decrescita e definito domande per la ricerca, mettendo insieme problemi economici, sociali e ambientali.

Nuove idee e argomenti assenti dal dibattito tradizionale sullo sviluppo sostenibile sono stati oggetto di discussione: valute e istituzioni finanziarie, sicurezza sociale e ore di lavoro, popolazione e consumo delle risorse, restrizioni alla pubblicità, moratoria sulle infrastrutture e santuari delle risorse, e molti altri.

Si e’ sviluppata una richiesta di nuove proposte, fra cui: facilitazione di monete locali; graduale eliminazione delle monete a corso forzoso e riforma degli interessi; promozione di attività non-profit di piccole dimensioni e autogestite; difesa e espansione di beni comuni locali e introduzione di nuove giurisdizioni per beni comuni globali; introduzione di politiche integrate di ore lavorative ridotte (work sharing) e introduzione di una entrata minima; istituzionalizzazione di un tetto massimo di entrata basato su un coefficiente massimo-minimo; scoraggiamento di consumo eccessivo di merci non durevoli e di sottoutilizzazione di beni durevoli attraverso regolamenti, tassazione o approcci dal basso verso l’alto; abbandono di infrastrutture di larga scala quali impianti nucleari, dighe, inceneritori, trasporto ad alta velocità; conversione da infrastrutture basata sull’automobile all’uso della bicicletta, camminare e spazi comuni aperti; tassazione della pubblicità eccessiva e sua proibizione negli spazi pubblici; supporto per I movimenti di giustizia ambientale del Sud che combattono contro l’estrazione delle risorse; introduzione di una moratoria globale di estrazione in aree con alta biodiversità e valore culturale, compensazione per lasciare risorse nella terra; denuncia di misure di controllo della popolazione autoritarie e supporto ai diritti riproduttivi delle donne, procreazione consapevole e diritto all’emigrazione libera dando il benvenuto a una diminuzione del tasso di natalità mondiale; e de-commercializzazione della politica e rafforzamento della partecipazione diretta nei processi decisionali.

Noi affermiamo che queste proposte non sono utopiche: nuove tasse redistributive risolveranno le diseguaglianze di reddito e finanzieranno investimenti sociali e scoraggeranno consumo e danni ambientali, mentre la riduzione delle ore lavorative con un sistema di sicurezza sociale rinforzato gestiranno la disoccupazione. 
Mentre l’economia della parte ricca del mondo si contrae silenziosamente e diminuiranno I danni all’ambiente causati da nuove infrastrutture e attività estrattive, il benessere aumenterà attraverso investimenti pubblici in beni sociali e relazionali a basso costo.
Ogni nuova proposta genera numerose nuove obiezioni e domande. Non sosteniamo di avere una ricetta per il futuro, ma non possiamo più pretendere di continuare a crescere come se niente fosse accaduto. La follia della crescita e’ arrivata alla fine. La sfida ora e’ come cambiare, e il dibattito e’ appena cominciato.


Nessun commento: