19 luglio 2012

Latouche, democrazia, protezionismo

Un'intervista a Serge Latouche, su Lettera43

Oggi penso che la democrazia sia un'utopia che ha senso come direzione. Ma la cosa importante è che il potere, quale che sia, porti avanti una politica che corrisponde al bene comune, alla volontà popolare, anche se si tratta di una dittatura o di un dispotismo illuminato.
D. Si spieghi meglio.
R. Norberto Bobbio si chiedeva quale è la differenza tra un buono e un cattivo governo. Il primo lavora per il bene comune. Il secondo lo fa per se stesso. Questa è la vera differenza.
D. Va bene, ma come si ottiene un buon governo?
R. Con un contropotere forte. Un sistema è democratico - non è la democrazia, attenzione, ma è democratico - quando il popolo ha la possibilità di fare pressione sul governo, qualunque esso sia, in modo da far pesare le proprie esigenze e idee.
D. Ma non sta rinnegando la democrazia?
R. L'ideale sarebbe naturalmente l'autogoverno del popolo, ma questo è un sogno che forse non arriverà mai.
D. Non pensa alla presa del potere?
R. Gandhi l'aveva spiegato a proposito del suo Paese: «Al limite gli inglesi possono restare a governare, ma allora devono fare una politica che corrisponde alla volontà dell'India. Meglio avere degli inglesi piuttosto che degli indiani corrotti». Mi sembrano parole di saggezza.
D. Sa che Silvio Berlusconi vuole tornare in politica?
R. Ah, lo so, ma lui è pazzo.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Caro Giorgio,
dell'intera intervista a Latouche hai messo in evidenza la parte più problematica e che si presta a preoccupanti considerazioni. Per come conosco le sue tesi posso dire che vi è un forte scarto fra la sua visione a lungo termine rispetto all'immediato. Quanto è utopico sullo scenario (la decrescita) tanto è pragmatico nel breve, fino alla provocazione. Penso, ad esempio alla sua proposta di non pagare il debito pubblico e di uscire dall'euro. Ma su questo specifico aspetto della forma di democrazia credo che occorra chiarire che al termine del processo di cambiamento verso la società della decrescita avremo forme di democrazia diretta a livello delle singole comunità (i distretti di economia solidale) che avranno conseguito nei rispettivi territori la loro sussistenza, mentre per aggregati sociali/territoriali più ampi dovrà essere adottata la forma federale, e quindi la democrazia rappresentativa. Insomma, anche per Latouche la transizione è una brutta bestia da domare. Cercheremo di farlo anche a Venezia, in occasione della Conferenza internazionale della decrescita.
Ferruccio

Giorgio Jannis ha detto...

Democrazia diretta locale vuol dire usare la Rete, tecnologie di connettività tra umani, promuovere luoghi di socialità digitale per avere dei meccanismi consultivi e decisionali di democrazia diretta. Giusto per riprendere un vecchio discorso sulle tecnologie di Rete :)