20 aprile 2008

Esito delle elezioni ed economia solidale. Discutiamone

Carla ha scritto ai componenti la lista del Blog della RESFVG invitandoli a rompere il silenzio sull’esito delle elezioni politiche ed amministrative appena concluse. Ha inoltre segnalato che quando parla di decrescita, di economia solidale, di buone pratiche, molti dei suoi interlocutori osservano che le tesi da lei sostenute sono molto simili se non coincidenti con quelle della Lega. E questo la preoccupa.
Raccolgo pertanto la sua provocazione, tentando di offrire una mia linea interpretativa e quindi sollecitando l’apertura di un dibattito.
In occidente, dal dopoguerra in poi e fino a quando il sistema economico è stato in espansione e gli Stati ancora in grado di regolare l'economia, le forze della destra sostenevano gli spiriti animali del mercato capitalistico, mentre la sinistra raccoglieva il consenso delle fasce più deboli tramite il sistema del wefare, alimentato dal prelievo fiscale.
Questa "divisione dei compiti" ha cominciato ad entrare in crisi quando la globalizzazione ha offerto alle imprese e al sistema finanziario l'opportunità di sottrarsi all'imperio degli Stati, riducendo in questo modo le risorse destinate al Welfare. La parallela precarizzazione del lavoro ha inoltre indebolito il sindacato, mentre le fasce più deboli, sentendosi meno protette dalla sinistra, hanno iniziato la loro marcia verso altre offerte politiche (vedi Lega). La società, come ben descritto da Bauman, ha iniziato a frantumarsi, a liquefarsi, in tanti spezzoni: i pensionati a basso reddito, i precari, la borghesia delle professioni e quella del pubblico impiego, i piccoli imprenditori ed i commercianti, i risparmiatori a caccia di capital gain, ecc. Comunque, fino a quando il sistema economico era in crescita, la sinistra ha tenuto poiché il drenaggio fiscale necessario ad alimentare il welfare ha consentito di mantenere il consenso di parte delle fasce più deboli. Ma, nel momento in cui si è iniziato a capire che la torta dello sviluppo si sarebbe dovuta dividere con i nuovi competitori dal forte appetito (Cina, India, ecc.) il blocco sociale del meno tasse, meno Stato, meno sindacato, più flessibilità, ha cominciato a fondersi con l'altro blocco sociale colpito proprio da queste domande tese a ridurre welfare e diritti acquisiti. In quale modo? Agitando lo spauracchio dell'immigrato, della globalizzazione, della criminalità, della rottura dello Stato centralistico a favore di nuove patrie e nuove identità. In Italia i riferimenti sono chiari. La destra liberista, conservatrice, autoritaria, clericale, familistica e assistenziale si è progressivamente aggregata e unificata attorno a Forza Italia-AN-UDC e, dall'altra parte, ha preso sempre più identità e consistenza una forza antimeridionalistica, antitstatalistica e xenofoba rappresentata dalla Lega. La vittoria di questi giorni del centro-destra è l'immagine esplicita e riuscita di questa fusione degli opposti. Ciò che li fa stare insieme è una forma della democrazia rappresentativa tipica dei tempi di crisi: il populismo. Berlusconi ne è l'esempio, ma possiamo trovarne ormai tanti altri: Sarkozy, Bush, Aznar, ecc. Nel passato questo tipo di fusione fra destra conservatrice e reazionaria, mix di politiche protezionistiche e di nazionalismo, accomunati dalla paura della modernità e del comunismo, diede i natali ai vari regimi autoritari europei. Per non parlare delle crisi sudamericane, con particolare riguardo alle derive populistico-autoritarie della democrazia argentina: prima Peron e poi il colpo di Stato dei militari negli anni '70.
Come venirne fuori? Non certamente riproponendo un Welfare state burocratico, fallimentare ed irrealizzabile, ma un welfare di comunità come quello ipotizzato dal pensiero della decrescita. I distretti e le reti di economia solidale basati sull'autonomia dell'individuo e della sua rete di prossimità, su forme avanzate di democrazia diretta, su sistemi produttivi basati sulla reciprocità, sono la nuova forma istituzionale che consentirà di uscire dall'attuale degrado politico, economico e ambientale del pianeta, il cui motore è il consumismo e la finanziarizzazione dell’economia.
Qualcuno sostiene che la "riscoperta", da parte della decrescita e del movimento per l'economia solidale, del rapporto fra territorio e comunità le collochi fuori dallo schema destra-sinistra ed anzi le fa assomigliare ai movimenti delle piccole patrie tipo Lega. A mio avviso questa ipotesi è del tutto errata e potenzialmente tragica. La differenza sta nel concetto di rete come sistema aperto. L'idea di comunità della Lega si fonda sulla comune identità (artefatta, inventata: i celti, la Padania) di cultura, razza, contrapposta ad altre identità culturali e razziali. Sono sistemi chiusi che per mantenersi uniti hanno bisogno di un nemico esterno, di un diverso da combattere, da eleggere a capro espiatorio. E di una struttura di potere di tipo gerarchico. La visione dell'uomo è quella in cui prevale l'egoismo, la conflittualità, la legge del più forte, il darwinismo sociale. E' questo sistema di valori che permette di tenere insieme nazionalismo e localismo xenofobo, liberismo e protezionismo.
Il movimento della decrescita ipotizza un superamento della contrapposizione fra individualismo e comunitarismo attraverso il concetto di rete come sistema aperto, in quanto la sua visione è basata sull'altruismo, sulla cooperazione, sull'equità, sul rifiuto della violenza, sulla valorizzazione della diversità e sulla contaminazione fra culture e reti. L'antropologo Remotti parla di "identità debole".
Se la sinistra appoggerà questo processo di formazione di un'economia altra, avrà trovato un nuovo orizzonte per rinnovarsi.
Ferruccio

P.S. Vi segnalo il bellissimo, breve e chiaro ultimo saggio di S. Latouche: "Breve trattato sulla decrescita serena". ed Bollati Boringhieri € 9.00

1 commento:

Anonimo ha detto...

Caro Ferruccio,
rispondo al tuo invito al dibattito e tento di spiegare il mio punto di vista, un po’ diverso rispetto al tuo. Io leggo, ad esempio su questo stesso sito, che la RES FVG è “un gruppo di persone, associazioni, aziende e istituzioni che intende promuovere ed esercitare buone pratiche di Economia solidale in Friuli Venezia Giulia.”
Non leggo, cioè, che sia un gruppo politico.

Io penso che i temi che affrontiamo all’Officina della Decrescita riguardino il bene comune e che questo vada riconosciuto e perseguito al di là di ogni colore politico.
Non è ammissibile, secondo me, palare di collaborazione, cooperazione e apertura quando poi si è i primi a discriminare le persone per le loro scelte politiche.
Capisco che, generalmente, è la sinistra a mostrarsi (e questo verbo non lo scelgo a caso: bisogna infatti verificare nella realtà dei fatti quanto questo mostrare sia coincidente all’essere) sensibile ed attenta ad operare per modificare l’attuale sistema e raggiungere nuovi e più equi equilibri. Tuttavia non ritengo produttivo arroccarsi sulle proprie posizioni di presunta “superiorità culturale”, e forse anche morale, di una parte politica: questo atteggiamento può portare ad accostarsi agli altri con un paraocchi che impedisce di guardare alla persone e alle loro idee nel complesso, considerando tanto quelle con cui discordiamo, quanto quelle con cui siamo d’accordo, e ci portano a focalizzarci solo su UN particolare, opposto al nostro sentire, che ci oscura tutto il resto e dissolve ogni obiettività di valutazione.
Credo, inoltre, che non sia completamente corretto, riferendosi ai regimi autoritari europei, portare ad esempio solo quelli imposti dalla “destra conservatrice e reazionaria”, ignorando l’esistenza di regimi altrettanto repressivi sul fronte opposto (i nostri nuovi “compagni europei”, provenienti dall’est Europa, hanno molto da raccontare in proposito e, purtroppo, pur essendo stati governati dalla sinistra, non se la sono passati molto meglio di noi).
Ma non è in discussioni politiche che voglio addentrarmi.
Semplicemente, mi permetto di suggerire che l’impegno nell’attività di costruire delle alternative economiche NON dovrebbe essere strumento a servizio della politica; non dovrebbe essere portato avanti al fine di sostenere il rinnovamento di una forza politica piuttosto che un’altra. Credo, invece, che valga la pena di sforzarsi per superare i pregiudizi politici che inquinano le possibilità di collaborare, di impegnarsi insieme nella costruzione di un mondo nuovo e condiviso, in cui c’è spazio per tutti. Mi sembra necessario superare la tentazione di partire dalla constatazione delle differenze di opinione in alcuni campi, e dalla conseguente esclusione a priori di alcuni (i simpatizzanti della Lega Nord, ad esempio) dalle proprie proposte e attività. Mi pare più produttivo lavorare per trovare i punti di contatto, le prospettive comuni e, una volta trovatele, valorizzarle e cooperare per la loro realizzazione, piuttosto che preoccuparsi di essere scambiato per un indegno appartenente allo schieramento opposto.
In un periodo, poi, come questo, in cui la gran parte della gente non prova interesse nella politica, e anzi se ne allontana a causa delle reiterate delusioni, penso sia meglio trovare altri canali di diffusione dei nostri messaggi per proporre un cambiamento nella vita reale, e non nel teatrino lontano, sfumato e, spesso corrotto, della lotta politica.
Io credo che solo così sarà possibile aprire un’era di reale collaborazione e confronto paritario, alla ricerca del bene comune, dove l’idea di una persona valga quanto quella di un’altra, e non di meno o di più a seconda che sia leghista o del PD!!
Liviana